Stampa

scritto da: Nicola Santagelo


seconda parte - terza parte

Il valore relativo dei pezzi minori (Alfiere e Cavallo) è una questione di enorme importanza nel gioco dei giorni nostri. Sempre più spesso, infatti,  la superiorità nel mediogioco spetta a chi possiede i migliori pezzi leggeri. Nel gioco moderno vengono largamente utilizzate strategie in cui trasformazioni di materiale mettono in risalto le possibilità dinamiche della posizione come ad esempio il sacrificio di un pedone, il sacrificio di qualità, oppure combinazioni di due o tre pezzi minori opposti alla Donna. A fronte di tutto ciò sorprende quindi che sia dovuto passare così tanto tempo prima che, nello scacchismo moderno, il ruolo dei pezzi minori venisse“ridefinito”. La battaglia che va in scena tra questi pezzi è senza alcun dubbio tra le più importanti e al tempo stesso più sfuggenti del nostro gioco. Contro un avversario di livello inferiore ad un buon giocatore riuscirà spesso di crearsi un Cavallo potentissimo contro un Alfiere infelice o viceversa. Quando però dovrà a sua volta affrontare un avversario più quotato, il suo pezzo leggero soffrirà di fronte a quello della controparte. Non si sfugge a questo circolo vizioso: soltanto una profonda comprensione delle necessità di entrambi i pezzi permetterà di non soccombere in questa difficile lotta.

L’Approccio tradizionale:

Fin dai tempi antichi la questione di Alfieri e Cavalli a confronto aveva attirato l’attenzione dei maggiori giocatori e teorici dell’epoca. Howard Staunton ad esempio - siamo nel 1850 circa - sosteneva che la superiorità dell’Alfiere fosse stata dimostrata matematicamente. Qualche anno prima di lui però,  Louis Charles de la Bourdonnais considerato il più forte scacchista francese dell’Ottocento scriveva:”Di solito un Alfiere con pedoni non è migliore di un Cavallo con lo stesso numero di pedoni perchè L’Alfiere non ha l’abilità del Cavallo di attaccare pedoni su case di colore differente”. E ancora, mentre Wilhelm Steinitz, il primo campione del mondo, si schierava apertamente a favore dell’Alfiere, In America, nel 1897, Emil Kemeny uno dei piu’ forti giocatori dell’epoca era pronto a scommettere sulla superiore forza del Cavallo nella fase finale della partita.

Questo quindi l’andazzo per niente univoco sul dilemma in oggetto fino a tutto il XIX secolo. Se dunque menti così eccelse dello scacchismo dei bei tempi andati si sono trovate sì tanto in disaccordo, potremmo forse, non a torto, pensare che la verità non sia poi tanto a portata di mano!

E veniamo ai giorni in cui gli “ipermoderni” si affacciarono sulla scena mondiale; Nimzowitsch che se la cavava egregiamente sia con i Cavalli che con gli Alfieri, sembrerà strano, ma non ha scritto molto sull’argomento. Egli tratta il problema dell’Alfiere opposto al Cavallo in maniera piuttosto elementare, mostrando dapprima un finale in cui un alfiere scorta il pedone libero ’h’ fino alla promozione, contro un Cavallo mal piazzato ed impotente, e passando poi ad illustrare l’esempio standard di un Cavallo nettamente superiore all’Alfiere cattivo dell’avversario. Così stanno le cose!

Cavallo nettamente superiore all’Alfiere

Ma esiste un terzo punto di vista che è andato sempre più affermandosi nel tempo. Una sorta di “principio di indeterminazione” di Werner Karl Heisenberg prestato agli scacchi! Che ha sancito anche sulle 64 caselle il trionfo del  regno delle probabilità sull’idea di un universo deterministico.

Questo era basato sul fatto che ogni tentativo di generalizzazione circa l’Alfiere e il Cavallo andava incontro ad una miriade di eccezioni, e che quindi le eccezioni bilanciavano quasi del tutto la regola. Per questa via Jacob Henry Sarratt arrivò a descrivere 11 particolari casi di superiorità dell’equino sul vescovo comparati con 12 tipici casi in cui il rapporto di forza si invertiva. Fu così che Chigorin uno dei più quotati attaccanti dell’epoca, nonché uno dei massimi sostenitori della forza equina, arrivò a dire che il pezzo migliore era quello che di volta in volta lo “serviva” meglio per l’attacco che intendeva  intraprendere.

In effetti si potrebbe pensare ad una infinità di libri pieni di esempi con cavalli inamovibili su magnifici avamposti contro Alfieri immobilizzati, come pure di Alfieri devastanti opposti a Cavalli senza prospettive.

Illustrando la teoria classica bisogna subito precisare che la critica mossa da Suba ai libri didattici e a quelli sul mediogioco e cioè che essi mostrano solo come giocare contro una debole opposizione, non potrebbe risultare più vera riferita ai pezzi minori.

Dopo 1.Ad5! il Re Bianco marcerà indisturbato verso a5 catturando il Cavallo intrappolato. La superiorità dell'Alfiere sul Cavallo nelle posizioni aperte può manifestarsi anche prendendo in esame le possibilità di movimento di ciascuno lungo il perimetro della scacchiera. Un Alfiere, da solo, è capace di rinchiudere un Cavallo che si trovi sul bordo della scacchiera, bloccando tutti i suoi possibili movimenti. Conviene ricordare la disposizione dei pezzi con cui ciò avviene, poiché tali situazioni si possono produrre con una certa frequenza durante una partita. Per contro, il Cavallo non riuscirà mai a mettere in gabbia l'Alfiere, se non vi sono altri pezzi che ne ostacolino la fuga. Anche il Re ha la possibilità di catturare il Cavallo, se questo si trova in un angolo; per contro, l'Alfiere è molto più sfuggente.

seconda parte